mercoledì 2 novembre 2011

Léopold Sédar Senghor

Léopold Sédar Senghor
Léopold Sédar Senghor, nasce a Joal (Senegal) il 9 ottobre 1906 e muore a Verson (Bassa Normandia in Francia), il 20 dicembre del 2001.
Una figura importante per il suo paese natale, in quanto poeta, politico ed infine, primo presidente del Senegal dal 1960 (post liberazione dal colonialismo francese) al 1980.
Di madre lingua francese, condivise pensieri ed esperienze con Aimé Césaire (poeta, scrittore e politico francese nato in Martinica), Vate e ideologo della Négritude. Senghor, Primo membro africano della Accadémie française, è stato il fondatore del partito politico “Blocco Democratico senegalese” nella sua terra d’origine.
Tutt’oggi, è considerato una delle figure intellettuali più importanti dell’Africa: grazie alle sue opere, si è data maggiore valenza alla cultura africana, sia nel grande continente che nel mondo intero.

E il disco infuocato del sole
E il disco infuocato del sole declina nel mare vermiglio.
Ai confini della foresta e dell’abisso, mi perdo nel dedalo del sentiero.
L’odore mi insegue forte  altero, a pungere le mie narici
Deliziosamente. Mi insegue e tu mi insegui, mio doppio.
Il sole si immerge nell’angoscia
In una messe di luci, in un’esultanza di colori e di grida irose.
Un piroga sottile come un ago nella ferma intensità del mare,
uno che rema e il suo doppio.
Sanguinano le rocce di Capo Nase, quando lontano si accende il faro delle mamelles.
Al pensiero di te, così mi trafigge la malinconia.
Penso a te quando cammino e quando nuoto,
seduto o in piedi, penso a te mattino e sera,
la notte quando piango e sì, anche quando sono felice
quando parlo e mi parlo e quando taccio
nelle mie gioie e nelle mie pene. Quando penso e non penso,
cara penso a te.  

(poesia tratta dal libro: Senghor – Poesie dell’Africa) Bandecchi & Vivaldi editori

Scegliere una poesia da un libro, non è cosa facile. Innumerevoli sono le dinamiche che, alla fine, lasciano l’irrazionalità a decidere. Dico irrazionalità, perché in poesia non è sinonimo di incoscienza, ma vela spiegata al vento tra - versi di-versi.  Ho pubblicato questo testo di Senghor, perché stacca il pensiero costante del poeta dalla guerra.  Una guerra sanguinaria consumata in Senegal contro il dominio francese. Un testo che, sembra, inciampi ad ogni espressione, cada e si rialzi poi, spinto dal desiderio pulsante, di condividere il ritmo cardiaco con l’Africa. Un’Africa dagli scenari impetuosi e perciò, “aritmico”.  Versi che parlano concretamente della “calda madre” e che respirano nelle emozioni condivise tra scrittore e paesaggio.
È percettibile un gioco che modella le parole creando un movimento, un transito magico che confonde il soggetto: terra?  Donna? O entrambe ?
Nel testo è il genere maschile a costituire l’ossatura descrittiva iniziale ed è rivolto al sole.
Nei passi successivi, l’attenzione sposta gli occhi e si fa terra, madre o compagna assumendo per tale ragione, il genere femminile.
Al termine di ogni poesia, si può pensare di decidere come scrittore e pensare di capire come lettore, cosa "CAVARE" da un magma di lettere, ma “cara penso a te” taglia e cambia gli scenari aprendo ovunque, nuove prospettive.
Non è importante cogliere il seminato frutto del seme, ma cogliere delle emozioni. In questo modo, una semina può dare frutti emotivi diversi ad ogni sguardo, sia esso rivolto ai tramonti africani o alle strisce di luce che, come spade, s’infilano nelle feritoie delle prigioni o nelle grate delle fabbriche.

giordan
   


2 commenti:

Lara ha detto...

Non so decidermi, caro Giordan. La poesia è molto bella, ma le parole che usi per spiegare la tua scelta lo sono altrettanto.
Cambiano le lingue, la musica, le notizie sono diverse, ma i panorami parlano lo stesso linguaggio, raccontano talvolta le stesse storie, storie di un vecchio continente pieno delle sue guerre e delle sue tregue.
E come, stupendamente scrivi tu:

"Non è importante cogliere il seminato frutto del seme, ma cogliere delle emozioni. In questo modo, una semina può dare frutti emotivi diversi ad ogni sguardo, sia esso rivolto ai tramonti africani o alle strisce di luce che, come spade, s’infilano nelle feritoie delle prigioni o nelle grate delle fabbriche.

Grazie per tutto questo!
Ciao,
Lara

giordan ha detto...

ciao Lara, grazie a te per essere qui ad accrescere un cammino sulla parola. Credo sia indispensabile oggi, cogliere ed ascoltare il significante di un testo poetico.
Sovente, la "CRITICA", tratta le "cortecce" di un insieme di versi, "scuoiando" l'albero delle parole. La corteccia è affascinante e racchiude nelle sue forme, nelle sue curve, molti aspetti, ma sono aspetti esteriori, della necessaria comunicabilità. sotto la corteccia, dentro il nocciolo, è celato il sentimento più profondo che ha concepito la poesia e spesso, per natura libertaria, il senso sfiora il poeta restando comunque indipendente da ogni controllo. Il poeta quindi, è l'ambasciatore di un sentimento ancestrale che vive nei cuori dei sensibili, ma migra in continuazione.
tutto ciò, è racchiuso nel:
"Non è importante cogliere il seminato frutto del seme, ma cogliere delle emozioni".

ciao e grazie ancora